Questo è “Con la creatività si mangia” e io sono Sara Malaguti, Digital Strategist con la passione per la creatività.

L’INNOVAZIONE HA SEMPRE UN IMPATTO

Con questo articolo proponiamo una nuova puntata per la rubrica speciale dedicata a raccontare il mondo dell’innovazione in un modo nuovo, servendoci delle idee, delle parole e della creatività di una nostra stimatissima partner, Sara Malaguti, che con il suo progetto Flowerista (di cui è Ceo e Founder) ha dato vita ad un Podcast imperdibile: “Con la creatività si mangia”, arrivato, oggi, alla sua quarta stagione.

In fondo all’articolo trovate il link per ascoltare direttamente la puntata di cui raccomandiamo sentitamente l’ascolto.
In questo articolo, infatti, ci limitiamo per ragioni editoriali, a sottolineare alcuni highlight.

Come diceva Albert Einstein, “La conoscenza è limitata, l’immaginazione, invece, abbraccia il mondo”. In effetti, se ci pensiamo, le conoscenze di una persona sono limitate, mentre l’immaginazione e la creatività non hanno limiti. Se non forse uno: è difficile riuscire ad immaginare fino in fondo l’impatto di ogni – nostra – singola  – azione.

È possibile innovare con un occhio rivolto alla sostenibilità? Facciamo un piccolo salto nel passato per cercare di capire quando l’innovazione ha iniziato a provocare un impatto rilevante, soprattutto a livello ambientale, e in quale momento ci siamo resi conto dei danni provocati.

Siamo nella seconda metà del 1700, un periodo di grande trasformazione e… rivoluzione. Sì, perché questo è proprio il momento in cui si verifica un evento chiave, la prima rivoluzione industriale.

Più che di evento, è giusto parlare di processo, un processo di evoluzione economica e di industrializzazione della società, che da agricolo-artigianale-commerciale trasforma in un sistema industriale moderno.

La prima rivoluzione industriale riguardò soprattutto il settore tessile-metallurgico, con l’invenzione della macchina a vapore, la seconda rivoluzione industriale, invece, viene fatta partire dal 1870 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Qualcuno parla anche di terza rivoluzione industriale, legata all’introduzione dell’elettronica, delle telecomunicazioni e dell’informatica (siamo negli anni 70 del ‘900).

Lo sviluppo delle fabbriche e delle macchine diede vita alla classe operaia e all’imprenditore proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione. Figure che prima non esistevano. La popolazione crebbe vertiginosamente e di conseguenza aumentò il bisogno di risorse e l’utilizzo di combustibili, provocando i primi grossi problemi d’inquinamento.

Formalmente si fa risalire al 1992 l’inizio della discussione internazionale sulle emissioni di CO2 causate dall’utilizzo di combustibili fossili ma in realtà, già nel 1898, a New York, si tenne una prima conferenza per discutere dell’impatto del trasporto pubblico sulla salute delle persone. Lo scopo era risolvere una situazione che riguardava soprattutto i grandi centri urbani: l’inquinamento da sterco di cavallo.

Come dicevamo, la popolazione era aumentata a dismisura e una grande quantità di carri e carrozze necessitava di una grande quantità di cavalli, che producevano una media di 8/10 kg di letame ogni giorno a testa. Quei rifiuti sporcavano le strade, con tragiche conseguenze per la salute pubblica: immaginate gli odori, gli insetti, ma anche le malattie.

Sapete quale fu l’invenzione che risolse questo problema d’inquinamento? Non ci crederete, ma fu proprio l’automobile. L’invenzione avvenne oltre un decennio dopo la conferenza di New York, grazie a Henry Ford e la sua prima auto pensata per tutti, la Model T. Ci pensate? A inizio ‘900, si credeva di aver risolto il problema dell’inquinamento grazie a un’invenzione che, purtroppo, avrebbe causato danni persino peggiori.

Nella storia dell’innovazione, non sono rari i casi in cui, nel trovare una soluzione ad un problema, ne vengono provocati altri (più o meno inconsapevolmente).

L’innovazione in ambito industriale conseguiva dei risultati immediati e positivi in termini di occupazione, reddito, crescita dei consumi, miglioramento delle condizioni di vita, quindi tutti gli altri aspetti erano considerati di poca importanza.

Le prime preoccupazioni furono rivolte alla tutela della salute pubblica, per lo più nelle città, e non alla salvaguardia dell’ambiente.

Ci si accorse che le acque di scarico presenti nelle città provocavano danni immediati e diretti all’atmosfera delle aree urbane e alla salute delle persone. Quindi venne migliorata la qualità e la distribuzione dell’acqua potabile e lo smaltimento delle acque nere. Cosa accadde? Si iniziò ad usare molta più acqua di prima, che all’epoca veniva considerata un bene inesauribile.

Il ‘900 fu anche il secolo d’oro per la plastica. Dagli anni 60 del 900, infatti, la plastica diventa uno dei materiali più utilizzati in quasi ogni settore delle nostre vite permettendo a masse sempre più vaste di accedere a consumi prima riservati a pochi privilegiati, rivoluzionando antiche abitudini e apportando miglioramenti e comodità. La situazione, però, ci è sfuggita di mano e poiché i rifiuti plastici si accumulano nelle discariche e negli oceani, il loro smaltimento costituisce oggi un serio problema ambientale.

La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 a 367 milioni di tonnellate nel 2020, leggermente in calo, seppur di poco, rispetto alle 368 milioni registrate nel 2019.

L’innovazione, però, può essere anche sostenibile, soprattutto oggi che siamo consapevoli dell’impatto che ha sull’ambiente e non possiamo più chiudere gli occhi.

Di progetti virtuosi basati sul riciclo ce ne sono sempre di più. Bottiglie di plastica trasformate in gioielli, bucce d’arancia che diventano tessuti per abiti di lusso, vecchie tavole da snowboard che diventano occhiali da sole alla moda. Non sono semplici storie di riciclo creativo ma rappresentano un vero e proprio modello economico  che si sta espandendo sempre di più, anche tra aziende di grandi dimensioni.

Sto parlando dell’economia circolare, un tipo di economia basata sull’auto-rigenerazione che recupera rifiuti e scarti di materiali e li trasforma in materie prime per la produzione di nuovi oggetti. Insomma, una visione del mondo circolare, in cui nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.

Un’altra tendenza sempre più diffusa è la rigenerazione degli elettrodomestici, tanto che Deloitte parla di un mercato da 17 miliardi di euro all’anno. La rigenerazione permette un risparmio per il consumatore finale dal 30 al 60 per cento, con la gratificante aggiunta di avere dato un piccolo contributo a un mondo meno inquinato.

Nell’epoca del consumismo l’assistenza, la riparazione, la manutenzione, sono tutte parole che abbiamo cancellato dal nostro vocabolario. E che ora pian piano stiamo finalmente recuperando.

Tratto dal podcast “Con la creatività si mangia” di Sara Malaguti, Digital Strategist con la passione per la creatività.

Link al podcast: https://open.spotify.com/show/5z0sf6Zix6fMtnudf1N7K0?si=a68a0263e0774bbd

Link episodio: https://open.spotify.com/episode/4z0XfiFTcMIXoy65idou3I?si=6ee11d2842c04ddd