L’immaginazione vale più della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione invece abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione e l’innovazione.

Questo è “Con la creatività si mangia” e io sono Sara Malaguti, Digital Strategist con la passione per la creatività.

 

  1. L’INNOVAZIONE PUÒ ESSERE FORTUITA?

Buongiorno a tutti, buongiorno a tutte, eccoci alla seconda stagione del podcast “con la creatività si mangia”.

Prima di tutto ci tengo a ringraziarvi per il vostro interesse nei confronti della prima stagione, mi avete riempita di commenti, messaggi, opinioni e devo dire che non me l’aspettavo, tutto questo è andato ben oltre le mie aspettative. Tanto da decidere di registrare una seconda stagione, che inizia proprio oggi.

Ma vediamo un po’, prima di entrare nel vivo di questo primo episodio, vorrei spiegarvi qual è il focus di questa nuova stagione, di cosa parleremo.

Ecco, il tema su cui verterà tutta la seconda serie di puntate è l’innovazione. Un argomento così importante e ricco di sfaccettature meritava un’indagine approfondita.

In più, creatività e innovazione sono strettamente collegate tra loro, anzi, direi proprio che la creatività è spesso un prerequisito per l’innovazione e per il cambiamento.

Vedremo come nasce l’innovazione, come si manifesta, quali sono i tipi di innovazione che possiamo riconoscere. Ognuno di noi potrà cogliere degli spunti, anche per la propria attività, per chi ne ha già una. Nel corso delle puntate vedremo anche le conseguenze meno positive che l’innovazione ha portato con sé soprattutto in passato, in primis l’impatto ambientale. L’innovazione però può essere anche sostenibile e vedremo in che modo. Il tutto sarà come sempre accompagnato da tanti esempi curiosi e fatti realmente accaduti.

In particolare, questa prima puntata è dedicata all’innovazione fortuita, ovvero quell’innovazione che arriva per caso, da una folgorazione. Nel corso dell’episodio ci accorgeremo però che quasi nulla accade davvero senza motivo: la nostra mente deve essere in un qualche modo predisposta e pronta ad accogliere la scintilla.

Ma facciamo un piccolo passo indietro: che cos’è l’innovazione? Possiamo definirla come la dimensione applicativa di un’invenzione o di una scoperta e riguarda un processo o un prodotto che porta a un progresso sociale. Tutto nasce quindi da un’idea, che deve essere sviluppata per riuscire a portare a un miglioramento delle condizioni sociali.

Il suo opposto invece è il regresso, ovvero il cambiamento che porta a un peggioramento delle condizioni sociali, mentre la mancanza di innovazione si può pensare come “tradizionalismoconservatorismo“.

Esistono in realtà due scuole di pensiero diverse quando si tratta di invenzioni o scoperte che generano innovazione.

La prima ritiene che l’atto dell’inventare sia un processo ripetibile, che sia possibile trovare una certa regolarità nei passaggi che portano all’innovazione.

La seconda invece è proprio quella dell’innovazione per folgorazione.

Dovete sapere che sono state scritte molte teorie per provare a definire e schematizzare il processo dell’invenzione. Molte riguardano quella categoria conosciuta come Problem solving, che di solito si riferisce al modo di affrontare e risolvere positivamente soluzioni problematiche.

Tra le teorie più complete e note c’è quella dello scienziato russo Altshuller, conosciuta con l’acronimo TRIZ, che in italiano è Teoria per la soluzione dei problemi inventivi. È nata nel 1946 e ancora oggi viene studiata da molti ricercatori. Ha l’obiettivo di carpire i segreti del processo creativo in ambito tecnologico, definendo degli strumenti pratici per renderlo ripetibile e applicabile a svariate situazioni.

Questi metodi sono piuttosto approssimativi, perchè le variabili da considerare sono complesse, però è indubbio che ci sia una certa regolarità nei processi che portano all’invenzione e che questa regolarità potrebbe essere scoperta con una logica strutturata.

Perciò, da un lato ci sono coloro (intellettuali e studiosi) che pensano che l’innovazione sia un processo con alcune regolarità, dall’altro lato c’è chi parla di “serendipity” per indicare il fatto che le scoperte vengono fatte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra.

Il termine fu coniato dallo scrittore Horace Walpole, facendo riferimento a una fiaba persiana “Tre prìncipi di Serendippo”. La fiaba narra le avventure di tre principi, che quando viaggiavano continuavano a fare scoperte di cui non erano in cerca e che li salvarono in più occasioni. Queste scoperte, queste intuizioni erano dovute sì al caso, ma anche alla loro sagacia e alla loro capacità di osservazione. Per esempio, uno di loro scoprì che un mulo cieco dall’occhio destro era passato poco prima per la stessa strada, perché l’erba era stata mangiata solo sul lato sinistro.

Oltre alla scoperta come serendipità, c’anche chi parla di “ozio creativo”. La storia dell’innovazione abbonda di casi in cui a qualcuno è venuta una buona idea uscendo a fare due passi. La passeggiata creativa, oppure la doccia, distaccano dalle incombenze della vita quotidiana per portarci in uno stato più propizio alle associazioni mentali. La mente può imbattersi in qualche vecchio collegamento che avevamo trascurato, tanto da farci dire: come ho fatto a non pensarci prima?!

Oppure la lettura, che aiuta ad acquisire idee e prospettive impreviste e interessanti.

Bill Gates e il suo successore alla Microsoft Ray Ozzie sono noti per le loro vacanze di lettura annuale. Nei loro mesi di lavoro mettono da parte scorte di libri e articoli, poi staccano per un paio di settimane e si tuffano nella lettura. Assorbire in pochi giorni aiuta le nuove idee a collegarsi tra loro, perché è più facile ricordare una cosa letta ieri di una letta sei mesi fa.

Oppure c’è lnternet, che ci dà accesso a una conoscenza infinita.

Tutti questi metodi aiutano la libera associazione di idee.

Gli esempi di innovazione fortuita sono tantissimi e ne possiamo trovare in ogni settore, in qualsiasi periodo storico. Alcune sono davvero curiose.

Ad esempio, sapete com’è nato il forno a microonde? L’idea non è stata partorita dalla mente geniale di uno chef, come forse si potrebbe pensare, ma dalle ricerche belliche sul radar.

Un giorno, l’ingegnere Percy Spencer mentre si trovava in piedi di fianco a un magnetron, si rese conto che la barretta di cioccolato che teneva in tasca si stava sciogliendo. La sua curiosità è più forte della preoccupazione per i pantaloni macchiati, lo porta a chiedersi come poter veicolare l’energia delle onde radio per cucinare il cibo. E così, sperimentò un’idea che gli era venuta in mente per una combinazione fortuita. Prese dei chicchi di mais e usò il tubo del magnetron per scaldarli e cuocerli. Nel giro di pochi minuti mangiò i primi popcorn al mondo preparati con un microonde! Meno fortunato il secondo tentativo, con un uovo che esplose in faccia a un collaboratore di Spencer. Nel 1947, la Raytheon produsse il RadarRange, proprio basato sulla scoperta di Spencer, primo esempio di forno a microonde: era alto oltre un metro e 80, e pesava quasi 350 kg!

E nel campo della moda?

Era il 1946. Il sarto francese Louis Réard si trovava a St Tropez e per caso notò alcune donne arrotolare le estremità del costume per abbronzarsi meglio. Da qui l’intuizione. Perché non creare un costume dalla superficie più ridotta? E perché non spingersi oltre, permettendo alle donne di mostrare al mondo l’ombelico? Ecco com’è nato il moderno bikini, il costume a due pezzi più discusso della storia. Il nome richiama l’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, nel quale negli stessi anni gli Stati Uniti conducevano esperimenti nucleari: Reard riteneva che l’introduzione del nuovo tipo di costume avrebbe avuto effetti esplosivi e dirompenti.

Forse l’avete già notato: l’innovazione può essere sì fortuita, ma richiede spesso una predisposizione, una propensione ad accogliere la scoperta. Il filosofo Remo Bodei spiega:

“Affinché la scintilla scocchi, occorre una lunga preparazione, anche inconscia, un rilassarsi dell’animo, talvolta in fasi di “ozio creativo”, che sfocia in una folgorazione improvvisa, come nel caso dell’Heureka! di Archimede”.

Sembra che l’antico matematico siracusano Archimede abbia esclamato “Eureka!” quando entrò in una vasca da bagno e notò che il livello dell’acqua era salito. Da qui l’intuizione che il volume di acqua spostata doveva essere uguale al volume della parte del suo corpo immersa.

Le innovazioni fortuite non sono mancate anche nel campo della scrittura, e per scrittura intendo degli strumenti che usiamo tuttora per scrivere.

Sapete com’è nata la penna a sfera? È detta anche biro perché prende il nome dal suo inventore, László Bíró, un giornalista ungherese.

Avendo a che fare quotidianamente con la penna stilografica, strumento chiave per svolgere il suo lavoro, Bíró si rese conto dei grossi limiti che questa presentava. Frustrato dalla quantità di tempo sprecato a riempire le stilografiche e pulire le pagine macchiate, cercò una soluzione. Provò a sostituire l’inchiostro con quello usato in stampa, ma pur asciugandosi velocemente, risultava troppo viscoso, rendendo poco fluida la scrittura.

La soluzione però era a portata di mano e László non se la lasciò scappare. Un giorno, camminando, osservò dei bambini che giocavano a biglie tra le pozzanghere e notò che le palline che ne avevano attraversata una lasciavano una scia continua e uniforme, come la scrittura che voleva lui. Così provò a inserire una piccola sfera in cima a un tubo riempito d’inchiostro e inventò la biro!

Non dimentichiamoci del settore automobilistico. Nikola Tesla è passato alla storia come uno degli scienziati più geniali, e misconosciuti, mai vissuti. Una delle sue scoperte più importanti fu il motore asincrono, un motore elettrico a corrente alternata oggi diffusissimo sia a livello industriale che in moltissimi elettrodomestici. L’idea arrivò alla mente di Tesla di colpo nel 1881, mentre passeggiava in un parco di Budapest con un amico. Lo scienziato si fermò di colpo, e iniziò a disegnare i diagrammi del suo motore nella terra del parco, utilizzando il suo bastone da passeggio. Anni dopo, la sua scoperta giocò un ruolo importante nella vittoria della corrente alternata su quella continua di Edison.

Ma l’esempio più eclatante di innovazione fortuita può essere considerata la scoperta della penicillina, avvenuta da parte dello scozzese Alexander Fleming. Era il 1928 e al St. Mary’s Hospital di Londra Fleming stava svolgendo ricerche sul presunto agente patogeno dell’influenza. Si assentò dal suo laboratorio per un breve periodo di vacanza di circa tre giorni, dimenticando di distruggere alcune colture batteriche. Al rientro trovò una provetta macchiata da una patina di “muffa a forma di pennello” letale per la coltura batterica contenuta nel recipiente. Anziché buttare tutto, ne analizzò il contenuto e… Eureka! Fleming s’imbatté nella coperta scientifica del secolo che aprì le porte allo sviluppo della moderna terapia antibiotica.

Esiste poi un particolare tipo di innovazione fortuita particolarmente curiosa, ovvero l’innovazione che ha origine dai sogni.

Non sono così inusuali i casi di lampadine che si sono accese grazie a un sogno, tanto che il tema ha suscitato l’interesse di alcuni studiosi. Il neuroscienziato Ullrich Wagner ad esempio, tramite un esperimento, ha dimostrato il potenziale dei sogni nell’attivare nuove intuizioni concettuali.

A dei soggetti campione venne dato un compito matematico complesso, che nascondeva una costante occulta, una regola che, se scoperta, avrebbe permesso di risolvere molto più facilmente il compito. Wagner scoprì che, se dopo la prima somministrazione del test i soggetti ci dormivano sopra, la loro prontezza nell’individuare la regola nascosta era più che raddoppiata. In questo modo provò che i sogni sono un mezzo che facilita le collisioni fortuite di intuizioni creative.

Il chimico tedesco Friedrich Kekulè, ad esempio, sognò la formula del benzene. Erano 15 anni che ci stava lavorando. Un giorno Kekulé era a casa, alla sua scrivania e invano arrancava sulla possibile forma di una molecola con 6 atomi di carbonio e 6 di idrogeno. Esausto, andò a sedersi davanti al caminetto e si addormentò. In sogno vide gli atomi che si legavano fra loro per formare una specie di serpente. A un certo punto il serpente si morse la coda formando un anello. Al risveglio Kekulé provò a disporre i 6 atomi di carbonio in una struttura chiusa: ed ecco che grazie al sogno scoprì l’anello benzenico!

Un’altra scoperta in sogno fu quella che diede origine alle neuroscienze. Una domenica di Pasqua del 1921, il farmacologo Otto Loewi immaginò in sogno un esperimento che avrebbe potuto dimostrare definitivamente la natura chimica del trasferimento degli impulsi nervosi. Svegliatosi, ne appuntò i dettagli prima di ripiombare nel sonno. Le note, prese in piena notte, risultarono però illeggibili, e lo scienziato temette di aver perso per sempre la sua intuizione. La notte seguente però il sogno tornò nuovamente, e Loewi questa volta non perse tempo, correndo ad effettuarlo al risveglio. 13 anni più tardi, la scoperta avvenuta con quell’esperimento gli valse il premio Nobel.

Le scoperte fatte grazie ai sogni non sono semplici folgorazioni che nascono per caso. Kekulè ci ha messo 15 anni per trovare la formula chimica del benzene, mentre Loewi stava riflettendo da 17 anni sull’ipotesi che i nervi comunicassero per via chimica. Le loro scoperte sono state rese possibili dai collegamenti casuali che avvengono del sonno REM uniti all’intuizione lenta che aleggiava in un angolo della loro mente da quasi 2 decenni.

Bene, questo primo viaggio nel mondo dell’innovazione termina qui, grazie per essere stati con me, vi aspetto tra due settimane!