La sfida del cambiamento climatico, con la conseguente aumentata sensibilità dell’opinione pubblica verso le tematiche ambientaliste, sta velocemente producendo grandi cambiamenti nelle nostre vite, in particolare in ambito economico ed energetico. Ma questa grande spinta verso un diverso approccio al mondo naturale e il bisogno di definire metodi di tutela efficaci per la sua salvaguardia, quali effetti sta producendo in ambito giuridico?  

All’indomani degli accordi di Parigi, sollecitati dalle preoccupanti previsioni della comunità scientifica internazionale sul cambiamento climatico, l’approvazione dell’agenda 2030 ha portato i temi ambientali prepotentemente al centro del dibattito pubblico, donando rinnovato vigore a un cambiamento di prospettiva già in atto dall’inizio del nuovo millennio in materia di protezione ambientale. 

Ovviamente, non tutti i paesi stanno procedendo con la stessa velocità o modalità. 

 

Personalità giuridica della natura: i casi di Ecuador, Nuova Zelanda, India e Colombia 

In Nuova Zelanda e nei paesi dell’America latina con una forte presenza di popolazioni indigene organizzate, si sta affermando una visione della natura molto originale: non più un bene da tutelare, ma un vero e proprio soggetto dotato di diritti da poter far valere nelle aule giudiziarie, ad esempio chiedendo un risarcimento. 

Nel 2008, la costituzione dell’Ecuador è stata la prima al mondo ad includere ben quattro articoli dedicati al riconoscimento dei diritti della natura. 

Riportiamo alcuni passaggi degli articoli citati, in particolare il 71, che recita:  

La natura, o Pachamama, dove si riproduce e si realizza la vita, ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, delle sue strutture, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi. 

Ogni persona, comunità, popolo o nazionalità potrà pretendere dall’autorità pubblica l’osservanza dei diritti della natura. […]” 

E l’art. 72: “La natura ha diritto a interventi di risanamento. Tali interventi saranno indipendenti dall’obbligo […] di risarcire gli individui e le collettività che dipendono dai sistemi naturali danneggiati.
Nei casi di impatto ambientale grave o permanente, […] lo Stato stabilirà i meccanismi più efficaci per il risanamento e adotterà misure adeguate per mitigare o eliminare le conseguenze ambientali nocive. 

Tale svolta ha condotto nel 2011 all’accoglimento, da parte di un tribunale ecuadoriano, di una richiesta di risarcimento avanzata dai rappresentanti del fiume Vilcabamba. 

Tale episodio non è rimasto isolato. Nel 2017 il parlamento neozelandese ha addirittura riconosciuto al fiume Whanganui, sacro al popolo maori, lo status di “persona giuridica”, riconoscendogli gli stessi diritti di una persona fisica. Il riconoscimento del fiume è esteso inoltre ai suoi affluenti, dalle montagne al mare, in qualità di sistema integrato. L’attribuzione della personalità giuridica consente al fiume di godere di una soggettività indipendente, espressa tramite la nomina di due rappresentanti (una espressione del popolo maori e l’altra dello stato) a cui è affidato il compito di agire in sua vece. 

Nel 2017 anche lo stato himalayano dell’Uttarankhand (facente parte della Repubblica dell’India) ha disposto che il fiume Gange e lo Yamuna, suo principale affluente, siano da considerarsi “entità legali viventi, aventi lo statuto di persone giuridiche con tutti i derivanti diritti, doveri e responsabilità. La decisione, probabilmente dovuta alla sacralità del fiume per il popolo indiano e al suo poco invidiabile primato come uno dei fiumi più inquinati del mondo, ha avuto il grande merito di estendere dal fiume all’insieme dell’ecosistema himalayano e indiano lo statuto di “entità vivente”. 

Infine, sempre nel 2017, la Corte costituzionale della Colombia ha riconosciuto il bacino del fiume Atrato come un “soggetto di diritto”, benché nel paese non fosse presente alcuna norma in merito. Inoltre la sentenza ha disposto che lo stato si facesse carico di proteggere e bonificare il territorio, creando anche un gruppo di custodi che potesse rappresentare il fiume nelle trattative.  

Nonostante le resistenze alla concessione di diritti alla natura, principalmente legate al timore che possano ledere i diritti delle persone, l’emergenza ambientale certamente acuita dalla recente pandemia ha operato da acceleratore.  

Grant Wilson, avvocato e direttore esecutivo dell’organizzazione statunitense no profit “Earth law center”, che al momento sta fornendo consulenza a diversi paesi come USA, Canada, Francia e Messico, in una recente intervista ha definito “il 2020 come un anno record, abbiamo vinto più cause di sempre. E molte di più ne affronteremo a breve.”     

Cosa accade in Europa e in Italia? 

In Europa il tema della soggettività della natura non ha ancora trovato terreno fertile e la tutela dell’ambiente sta percorrendo una diversa strada. 

Secondo Massimiliano Montini, titolare delle cattedre in Diritto europeo e in Diritto dello sviluppo sostenibile presso l’Università di Siena (che ha recentemente collaborato alla stesura di un rapporto commissionato dalla Commissione Europea finalizzato alla stesura di una carta dei diritti fondamentali della natura), non è realistico ritenere che anche nel nostro continente si possa arrivare al riconoscimento della personalità giuridica di un fiume prima di un paio di decenni. 

Tuttavia, pur avendo seguito un diverso percorso, la legislazione in materia ambientale in Italia non può certamente dirsi “arretrata”. 

Le normative approvate nel nostro paese hanno avuto come scopo principale quello di tutelare l’ambiente in quanto patrimonio comune e legato alla salvaguardia della salute pubblica, muovendosi sul solco tracciato dalla Costituzione negli articoli 9 (La Repubblica […] Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione) e 32 (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività). 

Ciò non significa che in Italia il legislatore non abbia mostrato sensibilità alle tematiche ecologiche. 

Basti pensare ai parchi nazionali, corrispondenti al 5,3% del territorio italiano, la cui legge quadro (6 dicembre 1991 n. 394) ha introdotto, accanto ad una visione della protezione della natura come tutela del paesaggio, una normativa organica e unitaria cui è sottesa una visione più globale, comprensiva anche della protezione dei valori ecologici e scientifici. 

È giusto però precisare che il quadro normativo del nostro paese appare più teso alla regolazione dello sfruttamento delle risorse naturali e a stabilire i livelli di inquinamento consentito, cercando un equilibrio fra le necessità economiche, di salute pubblica e di salvaguardia dell’ecosistema. 

Allo stato attuale, uno dei principali elementi di resistenza nella cultura giuridica occidentale al riconoscimento di personalità giuridica a “soggetti naturali” (fiumi, laghi, boschi, etc.) risiede nel timore di una equiparazione fra “diritti della natura” e “diritti degli umani”, portando conseguentemente a una limitazione dei secondi e contraccolpi, ad esempio, per lo sviluppo industriale e la mobilità.