Cos’è il Climate Tech?

Il termine “climate tech” si riferisce a tecnologie e soluzioni innovative volte alla mitigazione (e talvolta inversione) degli impatti dei cambiamenti climatici e all’adattamento a questi fenomeni. Le soluzioni incluse in questo ambito spaziano dalle energie rinnovabili, come solare ed eolico, ai sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), ai veicoli elettrici e alle reti energetiche intelligenti. Il settore comprende anche tecnologie per migliorare l’efficienza energetica e ridurre le emissioni di gas serra.

L’evoluzione del Climate Tech in Italia

In Italia, il climate tech ha visto un forte incremento degli investimenti negli ultimi anni. Attualmente sono attive circa 350 startup inerenti al settore, tra le più note figurano Cortilia e Treedom. Tra il 2018 e il 2023, gli investimenti sono aumentati notevolmente, raggiungendo un picco di 241 milioni di euro nel 2023, rispetto ai 132 milioni del 2022. Gli investimenti in equity sono passati da 79 milioni nel 2022 a 215 milioni nel 2023. Eventi come “It’s Climate”, think tank tenuto presso l’Università Bocconi, hanno messo in luce l’interesse crescente per soluzioni innovative legate alla sostenibilità ambientale, segnando un cambio di paradigma nell’approccio alle tecnologie green in Italia.

I Punti Critici del Climate Tech

Nonostante la crescita, il settore ha mostrato segni di difficoltà. Il fallimento di Northvolt e la bancarotta negli Stati Uniti, hanno messo in evidenza le sfide legate alla scalabilità e alla sostenibilità economica di molte aziende del settore.

Northvolt è una realtà svedese fondata nel 2016 da Peter Carlsson, che mirava a diventare leader nella produzione di batterie per veicoli elettrici e stoccaggio energetico. Puntando sull’enorme disponibilità di energia eolica sul territorio svedese, Northvolt era stata delineata come la predestinata per competere con i colossi asiatici delle batterie. Tuttavia, ha dovuto affrontare problemi significativi, tra cui alti costi di produzione, difficoltà nell’espansione della capacità produttiva e la dipendenza da incentivi governativi, che l’hanno resa vulnerabile ai cambiamenti politici. Il mercato in cui mirano ad affermarsi le climate tech è complesso e competitivo, e casi come Northvolt mettono in luce i numerosi ostacoli che queste incontrano.

Tuttavia, questo non è il primo segnale di cedimento mostrato dalle climate tech. Già tra il 2006 e il 2013, il settore aveva subito uno scossone quando gli investitori hanno puntato su una serie di tecnologie verdi, la maggior parte delle quali è fallita, in quello che oggi è conosciuto come la ‘bolla del cleantech’.

Le principali difficoltà che queste tecnologie devono affrontare includono la scalabilità, in quanto molte soluzioni sono costose e complesse da implementare su larga scala. Inoltre,molte startup dipendono da incentivi fiscali e normative ambientali per il loro modello di business, rendendole vulnerabili a cambiamenti politici e normativi.

Un altro punto critico riguarda il termine stesso di “climate tech” , troppo generico, che copre una vasta gamma di soluzioni, rendendo difficile distinguere i vari prodotti e attrarre investitori mirati. Ed è forse la vaghezza della dicitura il punto da cui ripartire.

Perché Passare a “Growth Tech”?

Per molte climate tech il 2024 è stato un anno di forti turbolenze e difficoltà; per altre è stato l’anno del fallimento e della bancarotta. Tuttavia, dopo il crollo di Northvolt, si sono già levati i primi segnali di una rinascita. Gli investitori parlano di utilizzare nuove etichette come ‘growth tech’ o ‘dynamic resilience tech’. L’obiettivo è trasmettere l’idea che le aziende non debbano solo essere sostenibili, ma anche finanziariamente redditizie, più economiche e con prestazioni migliori rispetto alle alternative meno ecologiche presenti nelle loro categorie.

Il cambiamento di terminologia proposto sposta infatti l’attenzione sull’innovazione e sulla crescita industriale sostenibile, in aggiunta all’obiettivo di ridurre le emissioni. Un esempio di come questa nuova visione possa essere applicata è Tesla, che viene definita un’azienda di “growth tech” non solo per il suo impegno ecologico, ma anche per il suo focus sul design e sull’attrattiva del mercato globale.

Se da una parte si prevedono ulteriori fallimenti nel settore, altre fonti ritengono che il 2025 possa essere l’anno in cui grazie all’AI le climate tech potranno godere di una ripresa e reinventarsi dopo la caduta.

Il 2025 segnerà l’arrivo di una nuova ondata di startup sostenibili? Saranno significativamente diverse dalle aziende viste finora o risulterà un compito troppo difficile emanciparsi dall’idea di climate tech come realtà sostenibile unicamente dal punto di vista ambientale? Non ci resta che attendere per scoprirlo.

 

Giorgia Monni – JESAP Consulting

 

Fonti:

Medium: State of Italian Climate Tech Startups | by Italian Climate Tech | Medium

Osservatorio Bilanci Sostenibilità: Climate Tech: calano gli investimenti complessivi, ma ci sono segnali di ripresa

Tech Crunch: If climate tech is dead, what comes next? | TechCrunch

Sifted: Climate tech in 2025: more bankruptcies and less green premium | Sifted

World Economic Forum: Climate tech solutions could make cities more sustainable | World Economic Forum

esg 360: Startup Climate Tech, in Italia investimenti a 241 milioni – ESG 360