Lo scorso febbraio sono state approvate alcune modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, che introducono la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali tra i principi fondamentali della Costituzione.

La riforma è avvenuta in concomitanza con il Sixth Assesment Report Climate Change 2022 “Impacts and Adaptation and Vulnerability” realizzato dall’ Intergovernamental Panel of Climate Change (Ipcc), nel quale si evidenzia che i cambiamenti climatici innescati dal riscaldamento globale di natura antropica sono irreversibili e che quindi gran parte degli sforzi fatti attivati dall’uomo dovranno concentrarsi sull’adattamento della società alla nuove condizioni.

Le modifiche apportate all’articolo 9 -inserito all’interno dei principi fondamentali dell’ordinamento- assumono primario rilievo nel processo di adeguamento della Carta Costituzionale al nuovo contesto globale di adattamento al cambiamento climatico.

In particolare il secondo comma dell’art.9, (con riferimento esplicito alle indicazioni del Ipcc) dispone che: la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi (intesi come “l’insieme degli organismi viventi, inclusi gli animali, e della materia non vivente che interagisce in un determinato ambiente costituendo un sistema autosufficiente e in equilibrio dinamico”) anche nell’interesse delle future generazioni.

Interventi di altrettanto rilievo sono quelli apportati al comma dell’articolo 41 della costituzione che, aggiungendo due ulteriori vincoli alla libertà di iniziativa economica privata, dispongono che quest’ultima non può svolgersi in contrasto oltre che con l’utilità sociale, la sicurezza, la liberà e la dignità umana con la salute e l’ambiente.

La riforma della Costituzione italiana si inserisce nel contesto evolutivo del diritto ambientale già affermato in diversi Paesi extraeuropei (ne avevamo già parlato, sotto un diverso profilo, qui) ed europei, che riconoscono espressamente nei loro testi costituzionali la tutela dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile: la Costituzione della Grecia, all’art. 24, precisa che la protezione dell’ambiente naturale e culturale costituisce un dovere dello Stato e che questo è tenuto a prendere misure speciali preventive o repressive per la sua conservazione. Quella spagnola all’articolo 45 sancisce il diritto di fruire di un ambiente adeguato per lo sviluppo della persona e al contempo il dovere di conservarlo. In ultimo l’esperienza portoghese all’articolo 66 riconosce a tutti il diritto ad un ambiente di vita umano, sano ed ecologicamente equilibrato, imponendo ai cittadini il dovere di preservarlo.

I nuovi concetti apportati dalla riforma costituzionale italiana generano fondamentali implicazioni in quanto ricollegano i processi socio-politici a quelli biofisici nel perimetro dell’ecologia politico-sociale e concepiscono l’attività umana (politica, economica, sociale) come limitata dal rispetto e dalla conservazione dell’ambiente in cui l’attività umana stessa ha luogo (in quanto non estranea ad essa ma strettamente connessa ed interdipendente).

La tutela dell’ambiente e della biodiversità e degli ecosistemi, quindi, richiederà una gestione più che mai attenta di interessi apparentemente (o forse potenzialmente) in conflitto. Risulta necessario, quindi, ripensare le istituzioni e l’agire umano (in tutte le sue declinazioni) in connessione reciproca con l’ambiente e gli ecosistemi.