Il cosiddetto work for equity è uno strumento di cui si parla molto negli ultimi anni. Si tratta di una opportunità per le startup che necessitano di prestazioni lavorative e professionali qualificate, ma non dispongono di molta liquidità. Vediamo come funziona e quali possono essere i vantaggi.
Work for equity: cos’è e come funziona?
Le giovani imprese devono affrontare molte sfide per riuscire a creare un modello di business ottimale e per rimanere a galla nel mercato. Il successo è determinato, molto spesso, dalla presenza di dipendenti fedeli ed entusiasti, che giorno dopo giorno cercano di dare il meglio per consentire la crescita dell’azienda. Ma non solo. Per fare il salto di qualità è indispensabile usufruire anche di prestazioni professionali qualificate, sebbene spesso molto onerose per chi si trova all’inizio.
Il Work for Equity consente alle Startup Innovative(SRL e SPA) di remunerare dipendenti, amministratori e collaboratori esterni attraverso un piano di incentivazione, ovvero ricompensando il lavoro svolto con azioni o quote della società.
Si tratta di una modalità utile per riuscire ad ottenere le prestazioni necessarie per l’attività, limitando le uscite di denaro. Attraverso tale strumento è possibile favorire un maggiore impegno da parte dei lavoratori e fornitori di servizi, dato che hanno tutto l’interesse a fare crescere la società e di conseguenza il valore delle quote ricevute.
L’assegnazione delle quote può avvenire in modo immediato o graduale nel tempo, di fatto condizionando le stesse al mantenimento del rapporto lavorativo con la società per un periodo determinato. Sebbene non esista un contratto di work for equity, l’azienda deve comunque specificare le condizioni nel contratto in cui si regola il rapporto di lavoro.
Ad ogni modo, prima di procedere è necessario formalizzare alcuni passaggi, come la redazione del regolamento di work for equity e l’approvazione delle misure da parte di tutti i soci.
È possibile scegliere tra le seguenti modalità:
- Cessione di quote o azioni ai prestatori d’opera: la società deve avere, in precedenza, acquistato le azioni o le quote dai soci. Se ciò avviene a titolo oneroso devono essere rispettate le condizioni previste dall’art. 2357 c.c., cioè l’acquisto deve avvenire nel limite degli utili distribuiti e delle riserve disponibili secondo quanto risulta dall’ultimo bilancio approvato, inoltre le azioni o quote cedute devono essere interamente liberate. Si tratta di limiti difficilmente rispettabili per una startup, pertanto questa opzione si rivela spesso inutilizzabile.
- Aumento di capitale a titolo gratuito con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione ai prestatori d’opera: attraverso l’imputazione a capitale di utili e riserve disponibili, possibile solo a favore dei soci esistenti. L’aumento di capitale a titolo gratuito a soggetti terzi è consentito soltanto per le Spa, come sottolineato dall’art. 2349 c.c., ma a favore di dipendenti e non di collaboratori esterni.
- Aumento di capitale a pagamento con assegnazione di azioni o quote di nuova emissione ai prestatori d’opera: per procedere non è necessario che la società non sia in perdita ma, se si tratta di Srl, lo Statuto deve contenere una clausola che consenta un aumento di capitale destinato a terzi non soci. Il conferimento da parte del prestatore d’opera viene realizzato attraverso la compensazione del credito vantato per i servizi resi.
Le norme di riferimento
Come abbiamo visto, quando si parla di work for equity, si fa riferimento ad una particolare modalità retributiva, che prevede l’assegnazione di quote del capitale aziendale a favore di collaboratori e dipendenti di un’azienda.
Si tratta di uno strumento presente in Italia già da diverso tempo, almeno entro una certa misura per Srl e Spa, ma di recente introdotta anche per le startup e PMI innovative attraverso il Dl 179/2012, conosciuto come Decreto Crescita 2.0.
La normativa prevede dei benefici fiscali per amministratori, lavoratori dipendenti e collaboratori continuativi. In sostanza, le prestazioni possono essere remunerate con strumenti finanziari, esenti da imposte dirette e obblighi contributivi.
Al comma 1, dell’art. 27, possiamo infatti leggere:
“Il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle start-up [..] ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi di strumenti finanziari o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari, nonché dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di tali strumenti finanziari, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti, sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi, a condizione che tali strumenti finanziari o diritti non siano riacquistati dalla start-up innovativa o dall’incubatore certificato, dalla società emittente o da qualsiasi soggetto che direttamente controlla o è controllato dalla start-up innovativa o dall’incubatore certificato, ovvero è controllato dallo stesso soggetto che controlla la start-up innovativa o l’incubatore certificato.”
L’esenzione, ad ogni modo, si estende solamente al periodo start-up, ovvero per 4 anni dalla costituzione della società. Inoltre, se le partecipazioni vengono vendute, viene tassata solo l’eventuale plusvalenza.
Work for equity: a chi si applica?
Il legislatore, riconoscendo che gli startupper si trovano spesso in difficoltà nel sostenere le spese, ha introdotto dei meccanismi che consentono di ridurre i costi inerenti alla remunerazione dei lavoratori, con il cosiddetto work for equity.
Lo scopo è quello di rendere maggiormente accessibili le prestazioni qualificate e di riconoscere al collaboratore dei vantaggi contributivi, come abbiamo specificato nel precedente paragrafo.
La normativa, comunque, prevede due diverse categorie di soggetti che possono beneficiare di tale possibilità, ovvero:
- Amministratori, dipendenti part time o full time e collaboratori continuativi;
- Prestatori di opere e servizi, inclusi professionisti quali avvocati, notari, commercialisti, ecc.
Va sottolineato che, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, la retribuzione non può corrispondere totalmente a misure di work for equity, in quanto per legge deve essere sempre riconosciuta una componente fissa di stipendio, uguale o superiore al minimo tabellare previsto dal contratto collettivo applicato.
La Circolare n. 16/E del 11/06/2014 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tra i soggetti beneficiari non possono rientrare i collaboratori occasionali, ma soltanto quelli continuativi.
Quali sono i vantaggi?
Con il work for equity ci sono indubbiamente molti vantaggi sia per le start-up (e per la società) che per i lavoratori.
Per la start-up lo strumento si traduce in un minor costo (finanziario, perché la prestazione viene pagata in natura, ma anche economico, visti gli sgravi fiscali citati prima).
Per il lavoratore, invece, a fronte della parziale condivisione del rischio di impresa (si ricevono azioni/quote che, in caso di insuccesso del progetto, non avranno valore) c’è una maggiore stabilità (si ottiene un contratto di lavoro) e coinvolgimento (alle quote/azioni corrispondono diritti di voto e di controllo). Ciò consente la creazione di un team coeso e determinato a perseguire gli stessi obiettivi.
In sintesi i vantaggi principali sono:
- Le start-up possono usufruire delle prestazioni lavorative di cui necessitano, indispensabili per avviare l’attività, emettendo strumenti finanziari, invece di effettuare pagamenti in denaro;
- I lavoratori e i professionisti possono acquisire strumenti finanziari, a fronte della prestazione resa, incrementando così la loro partecipazione nell’azienda senza dover computare gli stessi ai fini fiscali, nel calcolo del reddito complessivo.
Aspetti pratici
Al di là dei vantaggi che possono derivare dal work for equity, non è sempre semplice riuscire a mettere a punto strumenti adeguati. Infatti, è necessario effettuare delle valutazioni preliminari strategiche tenendo in considerazione vari aspetti giuridici.
I termini e le condizioni di emissione devono essere disciplinati da un accordo o un regolamento, soprattutto se il numero di beneficiari è elevato.
È consigliabile indicare in modo preciso quali sono gli obiettivi da raggiungere per far maturare il diritto all’assegnazione dello strumento finanziario.
Infine è molto importante definire la dimensione temporale, ovvero prevedere che i beneficiari possano essere soltanto soggetti che intrattengono un rapporto di lavoro per un periodo di tempo prestabilito, per incentivare la creazione di un legale stabile con l’azienda, oppure stabilire che le quote ricevute non possano essere cedute prima di una certa data.
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